E' stato bello averti..


Strillava così forte che riuscii a sentirla nonostante il casco e il rumore dello scooter. Ci misi un pò a capire da dove arrivassero quelle grida: una vettura rossa, targata Napoli, parcheggiata in una viuzza del centro: dal motore. Solo un'anziana signora si affacciò per dire che quella bestiolina stava strillando disperata dal giorno prima. E lo aveva fatto per tutta la notte. Senza che nessuno si premurasse di provare ad aiutarla. 
Non fu facile, non riuscivo a vederla e solo la disperazione del momento me la fece riconoscere al tatto, abbarbicata chissà dove tra i meandri di un motore che io riuscii  a sondare solo sdraiandomi completamente sotto la vettura.
Non so come, ma ce la feci. Finalmente mi sfilai da là sotto e solo dopo un pò trovai il coraggio di guardarla. Mi aspettavo nella migliore delle ipotesi un mostriciattolo imbrattato, se non ferito. Mi trovai davanti agli occhi questo piumino bianco appena striato di marrone-arancio, bellissima. Di tutta risposta, la prima cosa che fece fù soffiarmi e sparare una raffica di smorfie che definire sdegnate è un eufemismo.
A casa poi ci accorgemmo che la piccolina era letteralmente infestata di pulci. Era  l'ora di pranzo di una bella giornata di inizio estate. A quell'ora non avrei trovato niente da nessuna parte. Chiamai la   
veterinaria che mi disse di non farmi prendere dal panico ed immergerla semplicemente in un catino di acqua tiepida con.. del Last al limone.
E così feci. In verità mi aspettavo che dall'alto del suo caratterino come minimo mi sbranasse. Ma la piccolina sembrò addirittura gradire il bagnetto fuori programma. Brutta, povera stellina: tutta zuppa e coperta di sapone per piatti era veramente bruttina. Ma io mi innamorai. E decisi che sarebbe rimasta con noi.
 Il suo fare, i suoi modi si rivelarono talmente imperiosi, talmente scostanti, in qualche modo regali, che decisi di rifilarle un nome così, semplice semplice, il primo che ti passa per la testa: 
Cassandra Cheryl Gwendolin.
Nome che tutt'ora appare sul suo libretto delle vaccinazioni, il suo "documento d'identità".
Naturalmente avrei optato per un diminutivo meno ampolloso per chiamarla di volta in volta, e pensai a Cassie. Ma il nomignolo sarebbe arrivato da solo, con naturalezza, senza che io mi lambiccassi tanto a coniarne uno..
Con me non fu davvero amore a prima vista. All'inizio mi odiava. Ogni volta che le rivolgevo le mie attenzioni si limitava a dare fondo a tutto il suo repertorio di smorfie, soffi, morsi e chi più ne ha più ne metta..
L'amore invece scoccò all'istante, a prima vista, con Tato. Il secondo micione che avevo adottato, piccolissimo, solo nel dicembre precedente, ma che al suo cospetto sembrava già un gigante. Un gigante buono, cicciotto e protettivo. Lei lo scelse, lui la adottò. E non si separarono mai più, dando inizio a una vita vissuta letteralmente in simbiosi. Mangiavano insieme nello stesso piattino, dormivano abbracciati, chiamavi Tato e arrivata anche lei, due al prezzo di uno. E allora  fu lampante che sarebbe stato inutile sperticarsi alla ricerca di un nick name: Tata. Da allora l'avrei  chiamata semplicemente Tata.
Fortunatamente, alla lunga, picchia e mena, Tata cominciò a ricambiare anche il mio di amore. 
Scoprii presto che adorava essere grattata sul pancino, ahimè per ore, specie ogni volta che mi avvicinavo al letto. Lei mi precedeva a corsa e si faceva trovare prontissima,  pancia all'aria, frrrr frrr, senza che io potessi permettermi mai più il lusso, che so, di prendere in mano un libro o un Vanity Fair prima di addormentarmi.
Abbiamo dormito abbracciati per nove anni, notte dopo notte, pomeriggio assolato dopo pomeriggio assolato. Sono cose che in qualche modo ti segnano.
Qualche tempo fa Tato avrebbe inspiegabilmente cominciato a cacciarla, anche in malo modo, a non volerla più accanto a se. Purtroppo non ho saputo interpretare questo segnale nettissimo, inappellabile come solo l'istinto animale sa essere. Purtroppo non subito. Tato non la voleva più, non la riconosceva più perchè qualcosa in Tata era cambiato: era sopraggiunto il diabete. Ma evidentemente per lui era stato istintivo e naturale accorgersene. Per me no. Tendevo a giustificare le piccole anomalie comportamentali di Tata, tipo lo stare in disparte, proprio in conseguenza a questo misterioso, improvviso cambio di atteggiamento del fratellone. Non ho sospettato neppure per un attimo che il problema potesse essere esattamente l'opposto. 
Ed è iniziato il periodo dei ricoveri, delle flebo, dei prelievi, delle crisi più o meno improvvise, delle due iniezioni al giorno, della fame continua, assillante che sembrava divorare lei più di quanto lei riuscisse a divorare qualsiasi cosa le capitasse a tiro (è arrivata a  mordermi la mano nel tentativo di rubare lo spicchio d'aglio che si sposta al bordo del piatto mangiando qualcosa di condito). E dei giorni in cui sembrava andare meglio. 
Ho voluto cominciare di nuovo a farla giocare, come quando era piccola, ho cercato di supplire alla carenza d'affetto del fratellone che non la voleva più abbracciandola, tenendola in collo come quando era piccolissima, approfittando della magrezza scheletrica che era subentrata con la malattia. Ho provato, cioè, a stimolarla. A chiedere a lei di reagire, di lottare, di curarsi meglio di quanto i farmaci non avrebbero potuto fare. Chissà, la natura a volte è capace di miracoli. 
Tata non era giovanissima, aveva 9 anni. Di certo non l'età per morire. I gatti che vivono in uno stato di agio, senza i rigori e le bruttezze del randagismo, non muoiono a 9 anni. A volte vivono persino il doppio di 9 anni.
E Tata prima del diabete era stata una gattina sanissima. Le dottoresse la ricordavano più per il nome buffo e altisonante che per altro. L'avevano vista solo per le cose di prassi iniziali: vaccini, sterilizzazione. E mai più.
Aveva il pelo bellissimo, lucido e morbido. Gli occhi limpidissimi. Un perfetto peso forma. Tutti bei segnali.
E chi si priva di tante cose per salvare qualche bestiolina dagli orrori del randagismo, in cambio si aspetta solo di vederle morire di vecchiaia, queste bestioline. E' sempre dura, è sempre un dolore. Ma almeno sai che hanno vissuto tutta la loro vita, felici e contenti, serviti e riveriti. E questo un pò consola. 
A me e Tata questo privilegio non è stato concesso.
So che quello che sto per dire è probabilemente una sciocchezza, magari enfatizzata dall'emozione del momento.
Ma giusto un paio di sere fà le ho parlato, quando eravamo abbracciati nel lettone.
"Mi piacerebbe farti trascorrere qualche bella serata di primavera sul balcone coi tuoi fratellini, dopo questo inverno così brutto. Vorrei che ti godessi almeno un'altra primavera. Qualcun'altra di quelle giornate belle come quella del Last al limone. Ma so che non ami tutto questo: le iniezioni, le flebo, la gabbietta dei ricoveri, e questa fame che non ti da tregua. 
Vorrei tenerti con me ancora un pò.  Ma se sei stanca, io capisco: smetti di lottare. Lasciati andare. 
Vai ."
E' solo una stupida banalissima coincidenza. Ma nemmeno 24 ore dopo anche i piccoli reni di Tata hanno smesso di funzionare. La situazione è precipitata. E la dottoressa ha solo potuto dirmi, nel modo più gentile possibile, che non c'era molto altro da fare, a meno di non voler prolungare a tutti i costi l'agonia. Cosa che non vorrei mai al mondo. Neppure per me. 
E l'ho riportata a casa. In quel lettone che amava tanto.
Non ho il conforto dell'illusione di grandi vite extra-terrene, di qualche aldilà. Purtroppo sono la persona più terrena e meno spirituale dell'intero pianeta. Ma un pizzico di illusione in certi momenti tutto sommato non costa niente.
E perciò spero che dove sei ora ci sia un grande prato. Quando rientravo a casa mi manifestavi la tua contentezza correndo come una pazza per tutta la casa. Amavi correre. Purtroppo nella tua vita con me non hai potuto farlo granchè. 
Perciò vorrei che tu ci guardassi, guardassi me, i tuoi fratellini e Tato, correndo e scorrazzando in un grande, bellissimo prato con l'erba alta, incolta e un bel vento primaverile, con quel senso di libertà che è l'unica cosa che io, per strapparvi a una terribile vita di strada, non ho potuto darvi. 
E' stato bello averti. E l'unica vera consolazione è la totale, matematica certezza che sia stato bello anche per te. Me lo hai dimostrato in tante, tante, tantissime notti che abbiamo trascorso abbracciati. 
Ciao stellina. 

l'ho trovata ed era così..

ed è subito diventata la mia principessina..

Tato, un amore a prima vista..

ed è durato 9 lunghi, bellissimi anni..

anche il nostro, però..


Cassandra Cheryl Gwendolyn (Tata)
2004 - 10 aprile 2013

Ps: il più grande amore della sua vita alla fine è tornato.
Per starle vicino. Per l'ultima volta.

E questa è anche l'ultima foto della nostra piccola amatissima Tata. Che pochi minuti dopo lo scatto se n'è andata..


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